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Good things

Ultimo Aggiornamento: 16/06/2014 22:14
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08/03/2014 18:35

Aforismi, racconti, storie belle
Un professore mostra un biglietto da 20 €
e chieda ai suoi studenti: “Chi vuole questo biglietto? ”
Tutte le mani si alzano. Allora comincia a sgualcire il biglietto
e poi chiede di nuovo: “Lo volete ancora?”
Le mani si alzano di nuovo. Getta per terra il biglietto sgualcito, lo pesta con i piedi e chiede: “Lo volete sempre?”
tutte le mani si rialzano. Quindi dice:
“Avete appena avuto una dimostrazione pratica!
Importa poco ciò che faccio con questo biglietto,
lo volete sempre, perché il suo valore non è cambiato.
Vale sempre 20 €”. Molte volte nella vostra vita,
sarete sgualciti, rigettati dalle persone e dagli avvenimenti. Avrete l’impressione di non valere più niente,
ma il vostro valore non sarà cambiato agli occhi delle persone che vi amano davvero.

Anche nei giorni in cui sentiamo di valere meno di un centesimo il nostro vero valore è rimasto lo stesso.
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14/03/2014 17:33

Non giudicare nessuno se prima non hai camminato un’ora nelle sue scarpe…
Due passerotti se ne stavano beatamente a prendere il fresco sulla stessa pianta, che era un salice.
Uno si era appollaiato sulla cima del salice, l’altro in basso su una biforcazione dei rami.
Dopo un po’, il passerotto che stava in alto, tanto per rompere il ghiaccio, dopo la siesta disse:
“Oh, come sono belle queste foglie verdi!”.
Il passerotto che stava in basso la prese come una provocazione. Gli rispose in modo seccato:
“Ma sei cieco? Non vedi che sono bianche!”
E quello di sopra, indispettito:
“Tu sei cieco! Sono verdi!”.
E l’altro dal basso con il becco in su:
“Ci scommetto le piume della coda che sono bianche. Tu non capisci nulla! Sei matto!”.
Il passerotto della cima si sentì bollire il sangue e senza pensarci due volte si precipitò sul suo avversario per dargli una lezione.
L’altro non si mosse.
Quando furono vicini, uno di fronte all’altro, con le piume del collo arruffate per l’ira, prima di cominciare il duello ebbero la lealtà di guardare nella stessa direzione, verso l’alto.
Il passerotto che veniva dall’alto emise un “oh” di meraviglia: “Guarda un po’ che sono bianche!”.
Disse però al suo amico:
“Prova un po’ a venire lassù dove stavo prima”.
Volarono sul più alto ramo del salice e questa volta dissero in coro:
“Guarda un po’ che sono verdi”.
Non giudicare nessuno se prima non hai camminato un’ora nelle sue scarpe.
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17/03/2014 10:43

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26/03/2014 18:19

Quando ero piccolo adoravo il circo, ero attirato in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini.

Durante lo spettacolo faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune…ma dopo il suo numero, e fino ad un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato ad un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe.
Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri, e anche se la catena era grossa mi pareva ovvio che un animale del genere potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire.

Che cosa lo teneva legato?

Chiesi in giro a tutte le persone che incontravo di risolvere il mistero dell’elefante; qualcuno mi disse che l’elefante non scappava perchè era ammaestrato…allora posi la domanda ovvia: “se è ammaestrato, perchè lo incatenano?”.
Non ricordo di aver ricevuto nessuna risposta coerente.

Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto. Per mia fortuna qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato tanto saggio da trovare la risposta: l’elefante del circo non scappa perchè è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo.

Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso appena nato, legato ad un paletto che provava a spingere, tirare e sudava nel tentativo di liberarsi, ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perchè quel paletto era troppo saldo per lui, così dopo vari tentativi un giorno si rassegnò alla propria impotenza.
L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perchè crede di non poterlo fare: sulla sua pelle è impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata e non è mai più ritornato a provare…non ha mai più messo alla prova di nuovo la sua forza…mai più!

A volte viviamo anche noi come l’elefante pensando che non possiamo fare un sacco di cose semplicemente perchè una volta, un po’ di tempo fa, ci avevamo provato ed avevamo fallito, ed allora sulla pelle abbiamo inciso “non posso, non posso e non potrò mai”.
L’unico modo per sapere se puoi farcela è provare di nuovo mettendoci tutto il cuore!
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26/03/2014 18:45

Re:
uepino, 26/03/2014 18:19:

Quando ero piccolo adoravo il circo, ero attirato in particolar modo dall’elefante che, come scoprii più tardi, era l’animale preferito di tanti altri bambini.

Durante lo spettacolo faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune…ma dopo il suo numero, e fino ad un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato ad un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe.
Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno piantato nel terreno soltanto per pochi centimetri, e anche se la catena era grossa mi pareva ovvio che un animale del genere potesse liberarsi facilmente di quel paletto e fuggire.

Che cosa lo teneva legato?

Chiesi in giro a tutte le persone che incontravo di risolvere il mistero dell’elefante; qualcuno mi disse che l’elefante non scappava perchè era ammaestrato…allora posi la domanda ovvia: “se è ammaestrato, perchè lo incatenano?”.
Non ricordo di aver ricevuto nessuna risposta coerente.

Con il passare del tempo dimenticai il mistero dell’elefante e del paletto. Per mia fortuna qualche anno fa ho scoperto che qualcuno era stato tanto saggio da trovare la risposta: l’elefante del circo non scappa perchè è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto, molto piccolo.

Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso appena nato, legato ad un paletto che provava a spingere, tirare e sudava nel tentativo di liberarsi, ma nonostante gli sforzi non ci riusciva perchè quel paletto era troppo saldo per lui, così dopo vari tentativi un giorno si rassegnò alla propria impotenza.
L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perchè crede di non poterlo fare: sulla sua pelle è impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata e non è mai più ritornato a provare…non ha mai più messo alla prova di nuovo la sua forza…mai più!

A volte viviamo anche noi come l’elefante pensando che non possiamo fare un sacco di cose semplicemente perchè una volta, un po’ di tempo fa, ci avevamo provato ed avevamo fallito, ed allora sulla pelle abbiamo inciso “non posso, non posso e non potrò mai”.
L’unico modo per sapere se puoi farcela è provare di nuovo mettendoci tutto il cuore!




A volte certe catene ci sembrano dimostrazioni d'amore: mi tiene imprigionato perchè ha paura di perdermi, per questo non proviamo a spezzarle anche se siamo consapevoli che potemmo farlo. Spesso siamo noi stessi che permettiamo agli altri di farci del male, ma non dovremmo mai pensare che un gesto violento è un segno d'amore.

Questa è la riflessione che mi è venuta spontanea dopo aver letto questo tuo racconto che mi ha rattristato molto.

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27/03/2014 09:04

1- Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la madre. La famiglia è un sistema che si regge sull’amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori “per dovere”. E l’educazione è sempre un “gioco di squadra”. Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un’intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in “cambio”, il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po’ di spazio per sé.

2- Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa “voi siete il primo interesse della mia vita”. Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l’assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l’aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E’ anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.

3 – Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa, alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo “coscienza” ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.

4 – Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto “no”, che è il modo migliore per comunicare: “ho cura di te”.

5 – Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l’ascolto, l’accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: “Qualunque cosa capiti, sono qui per te!”. Di qui nasce nei figli quell’atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.

6 – Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l’isola accogliente per i “naufraghi della giornata”. E’ fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d’incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell’affetto. Nel passato il padre era il portatore dei “valori”, e per trasmettere i valori ai figli bastava imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?

7 – Un padre insegna a risolvere i problemi. Un papà è il miglior passaporto per il mondo ” di fuori”. Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l’attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.

8 – Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: “Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand’ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L’amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni… Mi ha tolto l’affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo”.

9 – Il padre è sempre il padre. Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.

10 – Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l’immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un’impronta indelebile.
(di Bruno Ferrero)
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27/03/2014 09:59

Re:
uepino, 27/03/2014 09:04:

1- Il primo dovere di un padre verso i suoi figli è amare la madre. La famiglia è un sistema che si regge sull’amore. Non quello presupposto, ma quello reale, effettivo. Senza amore è impossibile sostenere a lungo le sollecitazioni della vita familiare. Non si può fare i genitori “per dovere”. E l’educazione è sempre un “gioco di squadra”. Nella coppia, come con i figli che crescono, un accordo profondo, un’intima unione danno piacere e promuovono la crescita, perché rappresentano una base sicura. Un papà può proteggere la mamma dandole in “cambio”, il tempo di riprendersi, di riposare e ritrovare un po’ di spazio per sé.

2- Il padre deve soprattutto esserci. Una presenza che significa “voi siete il primo interesse della mia vita”. Affermano le statistiche che, in media, un papà trascorre meno di cinque minuti al giorno in modo autenticamente educativo con i propri figli. Esistono ricerche che hanno riscontrato un nesso tra l’assenza del padre e lo scarso profitto scolastico, il basso quoziente di intelligenza, la delinquenza e l’aggressività. Non è questione di tempo, ma di effettiva comunicazione. Esserci, per un papà vuol dire parlare con i figli, discorrere del lavoro e dei problemi, farli partecipare il più possibile alla sua vita. E’ anche imparare a notare tutti quei piccoli e grandi segnali che i ragazzi inviano continuamente.

3 – Un padre è un modello, che lo voglia o no. Oggi la figura del padre ha un enorme importanza come appoggio e guida del figlio. In primo luogo come esempio di comportamenti, come stimolo a scegliere determinate condotte in accordo con i principi di correttezza e civiltà. In breve, come modello di onestà, di lealtà e di benevolenza. Anche se non lo dimostrano, anche se persino lo negano, i ragazzi badano molto di più a ciò che il padre fa, alle ragioni per cui lo fa. La dimostrazione di ciò che chiamiamo “coscienza” ha un notevole peso quando venga fornita dalla figura paterna.

4 – Un padre dà sicurezza. Il papà è il custode. Tutti in famiglia si aspettano protezione dal papà. Un papà protegge anche imponendo delle regole e dei limiti di spazio e di tempo, dicendo ogni tanto “no”, che è il modo migliore per comunicare: “ho cura di te”.

5 – Un padre incoraggia e dà forza. Il papà dimostra il suo amore con la stima, il rispetto, l’ascolto, l’accettazione. Ha la vera tenerezza di chi dice: “Qualunque cosa capiti, sono qui per te!”. Di qui nasce nei figli quell’atteggiamento vitale che è la fiducia in se stessi. Un papà è sempre pronto ad aiutare i figli, a compensare i punti deboli.

6 – Un padre ricorda e racconta. Paternità è essere l’isola accogliente per i “naufraghi della giornata”. E’ fare di qualche momento particolare, la cena per esempio, un punto d’incontro per la famiglia, dove si possa conversare in un clima sereno. Un buon papà sa creare la magia dei ricordi, attraverso i piccoli rituali dell’affetto. Nel passato il padre era il portatore dei “valori”, e per trasmettere i valori ai figli bastava imporli. Ora bisogna dimostrarli. E la vita moderna ci impedisce di farlo. Come si fa a dimostrare qualcosa ai figli, quando non si ha neppure il tempo di parlare con loro, di stare insieme tranquillamente, di scambiare idee, progetti, opinioni, di palesare speranze, gioie o delusioni?

7 – Un padre insegna a risolvere i problemi. Un papà è il miglior passaporto per il mondo ” di fuori”. Il punto sul quale influisce fortemente il padre è la capacità di dominio della realtà, l’attitudine ad affrontare e controllare il mondo in cui si vive. Elemento anche questo che contribuisce non poco alla strutturazione della personalità del figlio. Il papà è la persona che fornisce ai figli la mappa della vita.

8 – Un padre perdona. Il perdono del papà è la qualità più grande, più attesa, più sentita da un figlio. Un giovane rinchiuso in un carcere minorile confida: “Mio padre con me è sempre stato freddo di amore e di comprensione. Quand’ero piccolo mi voleva un gran bene; ci fu un giorno che commisi uno sbaglio; da allora non ebbe più il coraggio di avvicinarmi e di baciarmi come faceva prima. L’amore che nutriva per me scomparve: ero sui tredici anni… Mi ha tolto l’affetto proprio quando ne avevo estremamente bisogno. Non avevo uno a cui confidare le mie pene. La colpa è anche sua se sono finito così in basso. Se fossi stato al suo posto, mi sarei comportato diversamente. Non avrei abbandonato mio figlio nel momento più delicato della sua vita. Lo avrei incoraggiato a ritornare sulla retta via con la comprensione di un vero padre. A me è mancato tutto questo”.

9 – Il padre è sempre il padre. Anche se vive lontano. Ogni figlio ha il diritto di avere il suo papà. Essere trascurati o abbandonati dal proprio padre è una ferita che non si rimargina mai.

10 – Un padre è immagine di Dio. Essere padre è una vocazione, non solo una scelta personale. Tutte le ricerche psicologiche dicono che i bambini si fanno l’immagine di Dio sul modello del loro papà. La preghiera che Gesù ci ha insegnato è il Padre Nostro. Una mamma che prega con i propri figli è una cosa bella, ma quasi normale. Un papà che prega con i propri figli lascerà in loro un’impronta indelebile.
(di Bruno Ferrero)


Condivido i concetti ma, a mio modo di vedere vanno estesi ad entrambi i genitori, non credo nei ruoli definiti ma nella collaborazione e nella compensazione.
Poi penso che il ruolo di genitore sia primario, quindi, qualora l'amore o la passione verso il proprio coniuge venisse a mancare, dovremmo avere l'intelligenza di continuare a rispettare la madre o il padre dei nostri figli, accantonare le rivendicazioni personali e continuare a crescere i propri figli collaborando e non usandoli come arma di ricatto o come strumento di punizione dell'altro.


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Erano circa 8:30, quando un anziano signore ottantenne è arrivato per rimuovere dei punti di sutura dal pollice della mano. Egli ha dichiarato che aveva fretta perché aveva un appuntamento alle ore 9.00. Ho verificato i suoi segni vitali e l’ho fatto accomodare. Sapevo che ci sarebbe voluto più di un’ora prima che qualcuno potesse occuparsi di lui.
L’ho visto controllare l’ orologio con ansia e ho deciso di controllare la sua ferita perché non ero occupato con un altro paziente. La ferita era guarita bene. Quindi, ho parlato con uno dei medici per rimuovere i punti di sutura. Abbiamo iniziato a conversare mentre mi prendevo cura della sua ferita.
Gli ho chiesto se avesse un altro appuntamento medico dopo, dato che aveva molta fretta. Il signore mi ha detto di no e ha risposto che doveva andare alla casa di cura per far colazione con sua moglie. Mi ha detto che sua moglie si trovava nella casa di cura da un po di tempo, poiché era affetta dal morbo di Alzheimer.
Gli ho chiesto se la moglie si sarebbe preoccupata se fosse stato un po in ritardo. Mi ha risposto che lei non lo riconosceva più già da cinque anni. Allora, ho esclamato: “E ancora vai ogni mattina, anche se lei non sa chi sei?” Lui ha sorriso, mi ha accarezzato la mano e ha detto: “Lei non mi conosce, ma io so ancora chi è”.
Ho dovuto trattenere le lacrime.
Ho avuto la pelle d’oca, e ho pensato: “Questo è il genere di amore che voglio nella mia vita”.
Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà
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28/03/2014 18:27

La moglie scrive:

Caro marito, ti scrivo questa lettera per dirti che ti lascio per qualcosa di meglio. Sono stata una brava moglie per te per sette anni e non devo dimostrartelo. Queste due ultime settimane sono state un inferno. Il tuo capo mi ha chiamato per dirmi che oggi ti sei licenziato e questa e’ stata solo la tua ultima cavolata.
La settimana scorsa sei tornato a casa e non hai notato che ero stata a farmi i capelli e le unghie, che avevo cucinato il tuo piatto preferito ed indossavo una nuova marca di lingerie. Sei tornato a casa e hai mangiato in due minuti, e poi sei andato subito a dormire dopo aver guardato la partita. Non mi dici più che mi ami, non mi tocchi più. Che tu mi stia prendendo in giro o non mi ami più, qualsiasi cosa sia, io ti lascio.

Buona fortuna!

Firmato: la tua ex moglie

P.s.: se stai cercando di trovarmi, non farlo: tuo fratello e io stiamo andando a vivere a Rimini insieme

Il marito risponde:

Cara ex moglie, niente ha riempito la mia giornata come il ricevere la tua lettera. E’ vero che io e te siamo stati sposati per sette anni, sebbene l’ideale di brava moglie, a patto che esista, sia molto lontano da quello che tu sei stata. Guardo lo sport così, tanto per cercare di affogarci i tuoi continui rimproveri.
Va così male che non può funzionare.
Ho notato quando ti sei tagliata tutti i capelli la scorsa settimana, e la prima cosa che ho pensato e’ stata: “sembri un uomo!”. Mia madre mi ha insegnato a non dire nulla se non si può dire niente di carino. Hai cucinato il mio piatto preferito, ma forse ti sei confusa con mio fratello, perchè ho smesso di mangiare maiale sedici anni fa.
Sono andato a dormire quando tu indossavi quella nuova lingerie perché l’etichetta del prezzo era ancora attaccata: ho pregato fosse solo una coincidenza il fatto di aver prestato a mio fratello 50 euro l’altro giorno e che la tua lingerie costasse 49,99 euro.
Nonostante tutto questo, ti amavo ancora e sentivo che potevamo uscirne.
Così quando ho scoperto che avevo vinto alla lotteria 10 milioni di euro, mi sono licenziato e ho comprato due biglietti per la Giamaica. Ma quando sono tornato tu te ne eri andata.
Penso che ogni cosa succeda per una precisa ragione. Spero tu abbia la vita piena che hai sempre voluto.
Il mio avvocato ha detto, vista la lettera che hai scritto, che non avrai un centesimo da me.

Abbi cura di te!

Firmato: ricco come il demonio e libero

P.s.: non so se te l’ho mai detto ma mio fratello, prima di chiamarsi Carlo.. Si chiamava Carla: spero che questo non sia un problema.
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Re:
uepino, 28/03/2014 18:22:

Erano circa 8:30, quando un anziano signore ottantenne è arrivato per rimuovere dei punti di sutura dal pollice della mano. Egli ha dichiarato che aveva fretta perché aveva un appuntamento alle ore 9.00. Ho verificato i suoi segni vitali e l’ho fatto accomodare. Sapevo che ci sarebbe voluto più di un’ora prima che qualcuno potesse occuparsi di lui.
L’ho visto controllare l’ orologio con ansia e ho deciso di controllare la sua ferita perché non ero occupato con un altro paziente. La ferita era guarita bene. Quindi, ho parlato con uno dei medici per rimuovere i punti di sutura. Abbiamo iniziato a conversare mentre mi prendevo cura della sua ferita.
Gli ho chiesto se avesse un altro appuntamento medico dopo, dato che aveva molta fretta. Il signore mi ha detto di no e ha risposto che doveva andare alla casa di cura per far colazione con sua moglie. Mi ha detto che sua moglie si trovava nella casa di cura da un po di tempo, poiché era affetta dal morbo di Alzheimer.
Gli ho chiesto se la moglie si sarebbe preoccupata se fosse stato un po in ritardo. Mi ha risposto che lei non lo riconosceva più già da cinque anni. Allora, ho esclamato: “E ancora vai ogni mattina, anche se lei non sa chi sei?” Lui ha sorriso, mi ha accarezzato la mano e ha detto: “Lei non mi conosce, ma io so ancora chi è”.
Ho dovuto trattenere le lacrime.
Ho avuto la pelle d’oca, e ho pensato: “Questo è il genere di amore che voglio nella mia vita”.
Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e non sarà



ora piango anche io [SM=g27993]


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La strada è sempre decisa, non in senso fatalistico. Sono il nostro respirare, gli sguardi, i giorni che si susseguono a deciderla naturalmente. B.Y.

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Nell’antica Grecia Socrate aveva una grande reputazione di saggezza. Un giorno venne qualcuno a trovare il grande filosofo, e gli disse:

- Sai cosa ho appena sentito sul tuo amico?

- Un momento – rispose Socrate. – Prima che me lo racconti, vorrei farti un test, quello dei tre setacci.

- I tre setacci?

- Ma sì, – continuò Socrate. – Prima di raccontare ogni cosa sugli altri, è bene prendere il tempo di filtrare ciò che si vorrebbe dire. Lo chiamo il test dei tre setacci. Il primo setaccio è la verità. Hai verificato se quello che mi dirai è vero?

- No… ne ho solo sentito parlare…

- Molto bene. Quindi non sai se è la verità. Continuiamo col secondo setaccio, quello della bontà. Quello che vuoi dirmi sul mio amico, è qualcosa di buono?

- Ah no! Al contrario

- Dunque, – continuò Socrate, – vuoi raccontarmi brutte cose su di lui e non sei nemmeno certo che siano vere. Forse puoi ancora passare il test, rimane il terzo setaccio, quello dell’utilità. E’ utile che io sappia cosa mi avrebbe fatto questo amico?

- No, davvero.

- Allora, – concluse Socrate, – quello che volevi raccontarmi non è né vero, né buono, né utile; perché volevi dirmelo?

Se ciascuno di noi potesse meditare e metter in pratica questo piccolo test… forse il mondo sarebbe migliore.
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07/04/2014 11:55

Una ragazza di campagna e' appoggiata al recinto dei tori quando arriva una macchina, ne scende un signore che le dice: "Vorrei parlare con tuo padre!". "Mio padre e' impegnato, ma se le interessa un toro posso dirle io i prezzi. Quello con albero genealogico e garanzia del risultato costa 500 euro, quello con garanzia del risultato, ma senza albero genealogico 250 euro e quello senza garanzia e senza albero 100 euro". "Io voglio parlare con tuo padre perche' tuo fratello ha messo incinta mia figlia". "Allora temo proprio che dovrete aspettare mio padre, perche' il prezzo di mio fratello non lo conosco".

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Apocalisse Laica

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C’era una volta un ragazzo con un bruttissimo carattere. Suo padre gli aveva dato un sacchetto di chiodi dicendogli di piantarne uno nel muro in giardino ogni volta che avesse perso la pazienza o avesse litigato con qualcuno. Il primo giorno il ragazzo ne piantò 37.

Le settimane successive, imparò a controllarsi, e il numero di chiodi piantati diminuì giorno dopo giorno: aveva infatti scoperto quanto fosse più facile controllarsi che piantare chiodi.
Infine, arrivò un giorno in cui il ragazzo non piantò nessun chiodo sul muro. Allora andò dal padre e gli disse che quel giorno non aveva piantato nessun chiodo.
Il padre gli disse di togliere un chiodo dal muro per ogni giorno in cui non avesse perso la pazienza.

I giorni passarono e infine il giovane poté dire a suo padre che aveva tolto tutti i chiodi dal muro. Il padre condusse il figlio davanti al muro e disse: “Figlio mio, ti sei comportato bene, ma guarda tutti i buchi che ci sono sul muro. Non sarà mai come prima.

Quando litighi con qualcuno e gli dici qualcosa di cattivo, gli lasci una ferita come questa. Puoi pugnalare un uomo con un coltello e poi estrarglielo dal corpo, ma gli resterà sempre una ferita. Poco importa quante volte ti scuserai, la ferita resterà. Una ferita verbale fa male tanto quanto una fisica.”
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